La pittura infamante by Gherardo Ortalli

La pittura infamante by Gherardo Ortalli

autore:Gherardo Ortalli [Ortalli, Gherardo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Viella Libreria Editrice
pubblicato: 2016-02-29T23:00:00+00:00


2. Didascalia e rime infamanti

È vero, peraltro, che per il pieno raggiungimento dell’effetto voluto bisognava rendere riconoscibile il colpito in quanto individuo. Un’immagine non rapportabile chiaramente ad una persona specifica punita per uno specifico reato, per quanto di minor presa per il più evanescente aggancio agli avvenimenti reali, avrebbe comunque mantenuto una funzione didattica, deterrente e informativa agli occhi del pubblico. Anche questo importava ai depositari del potere, ma non era lo scopo primario. Se volevano avere un efficace strumento punitivo, rilevante per lo status degli individui (se, in altri termini, si mirava ad una vera pittura infamante), la persona doveva essere riconoscibile. Ma a questo fine tutto induce a ritenere che fosse riservata in particolare la scritta che accompagnava il dipinto. A volte, quando il condannato apparteneva ad ambienti sociali elevati o a famiglie cospicue, ne veniva riprodotto anche lo stemma, ma ciò accadeva assai di rado, diversamente da quanto capitava oltralpe in altre culture per pratiche sanzionatorie con una certa assonanza alla pittura infamante.221

Penso in specifico alle immagini che spesso accompagnavano le lettere private d’infamia del mondo tedesco e centroeuropeo. Le figurazioni oltraggiose consentite dall’accordo stipulato fra le parti colpivano con violente rappresentazioni di supplizi, squartamenti, gesti osceni e offese di vario genere l’inadempiente e quanto lo simboleggiava, anzitutto lo stemma e in tantissimi casi compariva pure il sigillo lordato dallo sterco, premuto sul posteriore di un animale femmina (asina, cagna, scrofa, ma pure vecchia donna). Seppure impropriamente, le due pratiche – pittura e lettera – vengono talvolta associate sulla meccanica base del binomio immagine/infamia.222 In realtà siamo ben lontani in assoluto dalle specificità della pittura infamante, ma vale la pena farne qui memoria anche per meglio definire – sia pure in negativo – la pratica dell’Italia di comune rispetto a quella tedesca.223

Se nella pittura infamante dell’Italia di comune risulta insolito il ricorso allo stemma, sistematico è invece quello alla didascalia. Le fonti ne fanno molto spesso menzione e quando non viene ricordata ciò è dovuto alla superfluità del richiamo, essendo automatico che nel trattare genericamente della pittura si comprendesse anche la logica appendice.224 Con ciò non si esce dalla normalità, dal momento che per tutto il medio evo rimane corrente il nesso tra immagine e scritto con una certa preponderanza di quest’ultimo sulla prima.225 Quando poi la didascalia viene ricordata dai testi, c’è la viva preoccupazione che sia chiara ed esplicita. Si raccomanda che i caratteri siano vistosi e e leggibili. «De lictera grossa et patenti; litteris grossis; literis magnis; de licteris grossis ita quod bene possint legi et intelligi»: così si esprimono gli atti legislativi e giudiziari fin dalle prime testimonianze,226 indicando poi spesso (già si è accennato) elementi esplicativi e di identificazione da aggiungere agli indispensabili nomen e praenomen del punito; così, secondo i casi, dovevano di volta in volta essere registrati la ragione per la quale si comminava la condanna, l’Arte di appartenenza, il luogo di provenienza del colpito, il nome di chi aveva patito i danni del reato.227

I nudi dati suggeriti dalla normativa (nome, reato) si arricchirono nella pratica inserendosi in lunghe esposizioni.



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